Come e perché mettersi in discussione può minare la tua possibilità di realizzarti

Mettersi in discussione fino a de-legittimare i propri bisogni di riposo, di realizzazione, di creatività, di rompere gli schemi perché è sempre bene accontentarsi di ciò che si ha e lasciar perdere quello che è superfluo… È quello che purtroppo hanno fatto per anni molte delle donne che mi hanno chiesto aiuto perché bloccate in una impasse da cui non sapevano uscire, tra il desiderio di ascoltare le proprie ambizioni e la paura di disattendere le aspettative degli altri. 

Comunemente si dice che mettersi in discussione sia sinonimo di apertura e in effetti farlo implica capacità specifiche come quella di mettere in dubbio le proprie convinzioni, opinioni o azioni, per comprendere se e quanto siano valide o corrette. 

L’attitudine a mettersi in discussione però, assume un’accezione negativa quando è alimentata dalla paura del giudizio degli altri e dal desiderio di compiacerli: questo porta  spesso a esercitare su di sé un eccesso di autocritica.

In questo articolo ti spiegherò come puoi trovare il giusto equilibrio nell’auto-analizzarti, affinché questa abilità possa essere di supporto al tuo progetto di realizzazione, piuttosto che un freno a mano tirato!


SOMMARIO


Anche tu tendi a metterti in discussione perché temi la paura del giudizio?

Luisa era solo all’inizio percorso 3MesixSvoltare ma già le stava dando grandi soddisfazioni: 

“Sai Cristina, sono così felice di come sto ora, dopo soli 2 incontri insieme!

L’altra sera però, confrontandomi con mio padre ci sono rimasta malissimo: ha spento il mio entusiasmo dicendo che a suo avviso non è cambiato nulla, che passo ancora troppe ore al lavoro e che dovrei stare di più con i bambini…”.

Ho subito compreso che era arrivato il momento di spostare la sua attenzione dal lavoro di introspezione dal quale eravamo partite, ad una riflessione sul giudizio e sui modelli femminili.   

I risultati che Luisa si riconosceva come passi avanti e che immediatamente i colleghi di studio e il marito avevano potuto apprezzare non avevano trovato riscontro nella percezione di alcune persone attorno a lei, come il padre anzitutto, che per lei era uno dei riferimenti più importanti. 

Se anche a te capita di essere felice di una scelta che stai intraprendendo che però non è condivisa da chi ti sta attorno, conosci bene la sensazione che Luisa può aver vissuto e ti rassicuro del fatto che si tratta di un problema di aspettative e percezioni altrui.

Se in questo momento sei in una fase di cambiamento oppure in un percorso personale di empowerment è infatti fondamentale che tu sia consapevole del fatto che prima che i cambiamenti siano evidenti all’esterno debbano esserlo dentro di te.

In secondo luogo, dal momento che (come potrei spiegarti da un punto di vista tecnico) “non esiste un’unica realtà ma tante realtà quante sono le persone e le loro percezioni transitorie”, rimane aperta la possibilità che il nostro cambiamento sia

  • percepito da noi ma non dagli altri
  • percepito dagli altri ma non da noi
  • percepito da noi e dagli altri, ma da ciascuno a suo modo.

Nel caso di Luisa i passi in avanti nella sua routine erano stati evidenti per lei, che ben presto si è sentita “una persona nuova”, percepiti dalle sue colleghe in studio, accolti con stupore e speranza da suo marito ma… irrilevanti per suo padre.

E da qui la sua delusione ed il mettersi in discussione per l’ennesima volta.

Per quanto la sua amarezza fosse comprensibile, in quel momento il punto per lei non era più riuscire a cambiare, ma chiedersi: 

“Secondo quale paradigma devo farlo?

Forse la mia vita deve cambiare secondo le aspettative di mio padre, in base al suo modello del mondo, di come intende lui la famiglia ed il ruolo che una donna (madre) debba avere all’interno di questa cornice?”.

O forse, aggiungo io, in base al modello unico ed ancora imperante della “mamma assoluta” sempre presente, sempre capace di venire dopo qualsiasi cosa, compresa la sua stessa persona ed identità?

Un confronto in sessione su quanto i paradossi generati dagli stereotipi culturali ancora vigenti siano radicati dentro di noi nella forma di immagini, sensi di colpa, pensieri e convinzioni limitanti è bastato a Luisa per unire i puntini e fare pace con sé stessa su questo aspetto: non avrebbe più permesso a nessuna persona che non fosse dentro la sua pelle, il suo cuore, la sua testa di mettere in discussione la sua ritrovata centratura.

E nel momento in cui generava dentro di sé questa nuova convinzione si sentiva subito più matura, ovvero capace di reggere il confronto e di sostenere un disallineamento con il suo entusiasmo, senza mettere in dubbio l’amore per suo padre e la fiducia nelle buone intenzioni dietro ai suoi consigli.

Un altro tema ricorrente tra le donne intraprendenti con cui mi confronto quotidianamente è legato al fatto che la paura del giudizio le porti spesso a mettersi continuamente in discussione perché si sentono in bilico tra l’ambizione da una parte e il sentirsi sottovalutate dall’altra.

  • Se sei una persona piena di risorse creative, di intuizioni, di capacità tecnico-professionali ma ti senti bloccata nella malinconia del non saperle mettere in pratica per crearti una vita diversa, e più in linea con quella che sei;
  • se hai fatto un “passo a metà” verso il lavoro che desideri ma non hai il coraggio di “tagliare il cordone” che ti tiene legata a quel passato che le persone care ti indicano come “l’unica via per la sicurezza e la stabilità”;
  • se stai vivendo una relazione in cui non ti senti davvero coinvolta ma apparentemente “hai tutto quello che occorre”, 

allora questo video fa al caso tuo:

3MesiXSvoltare

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Quando il mettersi in discussione diventa nocivo

La stessa attitudine a mettersi in discussione di Luisa era il freno che teneva arenata Marianna: era alla continua ricerca di crescita e miglioramento, ma per ogni scelta da intraprendere era solita soppesare tutte le alternative, i pro e i contro e, nonostante questo (anzi, per questo) si sentiva profondamente insoddisfatta della sua vita.

Glielo avevano insegnato i suoi genitori: mettere in dubbio se stessa era una buona pratica, anzi un  valore, che la spronava a fare sempre meglio, senza accorgersi che pian piano, dentro di lei, questo continuo valutarsi stava aprendo una voragine.

Quando è arrivata da me in call per candidarsi al percorso 3MesixSvoltare era talmente abituata a giudicarsi (e neanche sempre oggettivamente), che ogni aspetto della sua vita le sembrava un fallimento.

“Sì, beh, mi ritengo una professionista, ma se solo avessi il tempo di iscrivermi a quel Master, certamente potrei essere più preparata per i miei clienti: non sempre sento di poter dare il massimo che meritano

“Non sono certa che la scuola che abbiamo scelto per la bambina sia quella giusta, forse avrei dovuto togliere qualche ora al lavoro ed occuparmi direttamente di lei nel pomeriggio, …”

“Credo di mancare un po’ come compagna, del resto la settimana è frenetica, le giornate di lavoro sono lunghe e quando rientro non sempre riesco a far trovare a Marco la casa in ordine e ad ascoltarlo quando vuole sfogarsi con me per i casini del lavoro..”

Marianna viveva, dentro una vita in apparenza perfetta, una frustrazione che non sapeva esattamente come esprimere, ma soprattutto come risolvere:

  • non capiva se la sua insoddisfazione cronica derivasse dal sentirsi una madre imperfetta perché non sempre presente;
  • oppure dall’essere una professionista affaticata che stava mettendo in dubbio di amare ancora quel lavoro per cui si era tanto spesa;
  • o forse aveva sbagliato proprio vita, a partire dal percorso scolastico, da un compagno che sembrava non capirla affatto come se venisse da un altro pianeta, dalla scelta della casa e di dove vivere,…

E dai qui il caos nel quale si trovava immersa.

Il lavoro con lei è iniziato appunto con il mettere ordine: nei suoi valori e bisogni, nelle sue capacità e competenze, nella sua visione per il futuro.

Solo a quel punto Marianna è stata in grado di osservarsi in modo più obiettivo e di valutare veramente che cosa fosse strategico fare, quali priorità dare, quali sfide affrontare e quali no, iniziando a comprendere infatti che quel suo continuo mettersi in discussione a prescindere l’aveva portata a perdere l’amore e, addirittura, la compassione per se stessa. 

Anziché fungere da faro per la sua vita e renderla bella come se la immaginava, si era trasformato nella causa principale della sua infelicità.

Con il filtro del mettersi in discussione nessun traguardo era mai raggiunto per lei:

  • nessuna esperienza degna di essere festeggiata.
  • nulla di ciò che aveva scelto nella vita è stato mai abbastanza appagante.
  • c’era sempre qualcosa di più che potesse fare
  • sempre qualcosa di più che potesse imparare
  • sempre qualcosa da perfezionare per essere “abbastanza”.

Fin dalle prime sessioni insieme Marianna decide così di cambiare il modo in cui guarda se stessa: comincia a guardare la sua routine con occhi differenti, ad essere grata per ciò che ha e a riconoscere i propri successi: la scelta della scuola per la sua piccola non le sembra più un errore, ma l’opportunità per ritrovare focus sul suo lavoro; alcuni progetti che stava per avviare invece le appaiono totalmente disallineati a ciò che desidera, e decide di lasciarli andare; ricava così qualche ora di agio nella sua agenda e la sera, quando Marco ritorna, si sente libera di decidere se ha voglia di ascoltarlo o se essere lei a parlargli dei suoi bisogni, che ora sa individuare ed accogliere.

Marianna ha finalmente svoltato: la sua vita è esattamente quella di prima, ma a lei sembra radicalmente diversa, perché diverso è il suo modo di viverla.

…E quando qualcuno prova anche solo a esprimere un giudizio: “Ti sembra che tu ti stia comportando di modo corretto?”, lei ora sa quando è il caso di rifletterci e di rispondere con la sua testa ed il suo cuore o quando invece può semplicemente sorridere senza stare a pensarci troppo, e proseguire a testa alta con la sua vita, finalmente serena e appagata.

Liberarsi dalla paura del giudizio e smettere di mettersi in discussione continuamente 

A volte il giudizio che hai di te stessa arreca molti più danni del giudizio degli altri: giudicarti una fallita sulla base dei risultati che stai ottenendo, solo in termini di nuovi clienti acquisiti, o ancora, sentirti incapace di reggere il confronto con altre donne nel conciliare le tue ambizioni personali e professionali, mentre scorri la bacheca di Instagram…

…Quante volte lo fai?

E come ti fa sentire?

“Le cose che hai o che ottieni non definiscono chi sei”, è uno dei tormentoni della crescita personale e potrei anche essere d’accordo, almeno in parte: i soldi, i risultati al lavoro, i traguardi raggiunti o mancati, i beni materiali che possiedi non sono te!

Nei fatti, però, tuo malgrado, tutte queste cose definiscono chi sei: lo fanno, eccome!

E te ne rendi conto proprio quando diventano il metro di giudizio che tu per prima utilizzi per valutare il tuo grado di soddisfazione o di successo, non è così?

Ci sono almeno altri due motivi per cui ciò che hai e che ottieni diventa la misura del tuo successo, determinando chi sei ma soprattutto come ti senti.

Prima di tutto il fatto che il nostro mondo sia dominato dalle percezioni: agli occhi degli altri le cose che possiedi, ottieni, mostri hanno un effetto percettivo da cui non è possibile prescindere; diventano quindi evidenze, criteri con cui gli altri misurano (comparano, commentano, valutano, giudicano) le tue “prestazioni”.

Lo fanno a tal punto da arrivare persino a mettere in discussione il tuo valore come persona, quindi la tua identità ne risente. Perché quelle cose, e il modo in cui funzionano agli occhi degli altri, finiscono col definirti. 

Quindi non sei più Maria, ma sei l’avvocata che ha vinto (o perso) la causa X, non sei più Clelia ma sei una professionista insipida che dopo la maternità non ha saputo reggere il peso degli impegni ed è crollata, non sei più Michela, ma l’architetta gentile e sempre disponibile che ha perso la creatività di una volta! 

Il secondo motivo per cui ciò che hai e che ottieni diventa la misura del tuo successo, non ha a che vedere con gli altri ma con te. Accade perché é la manifestazione di quello che tu sei in un dato periodo della tua vita, come persona, e che sei in grado di attrarre, respingere o manifestare rispetto alle tue capacità, intenzioni, visioni.

Ed è un bene perché qui sta il tuo potere: definire il senso di chi sei e di quello che fai, attraverso il tuo lavoro, progetto di vita e le tue azioni quotidiane è il modo più potente in assoluto che io conosca per sentirti davvero in pace con te stessa.

L’ho vissuto sulla mia pelle e in tante trasformazioni delle mie clienti: una volta che avrai scoperto il tuo grande perchè sentirai finalmente un senso di allineamento vero e di direzione.

E sarai finalmente capace di guardare agli altri e a quello che hai e che ottieni non per giudicarti, ma per darti la misura della strada fatta e di quella che resta da fare per sentirti pienamente realizzata, secondo il tuo scopo di vita.

Solo a questo punto inizierai a mettere in discussione più le tue scelte che te stessa: sarai infatti in grado di esaminare criticamente le tue idee, sospettare della veridicità dei tuoi pensieri, chiedere aiuto e feedback ad altre persone senza più sentirti schiacciata o messa in discussione dal loro giudizio. In questo modo, essere capace di metterti in discussione diventa sinonimo di intelligenza e apertura, sapendo che anche qualora le tue opinioni o azioni si rivelassero sbagliate o incomplete, non dovrai metterti sulla gogna.

Aprirti al confronto con te stessa in modo trasparente e consapevole e non per via dell’insicurezza generata dal non aver capito chi sei o dalla paura del giudizio degli altri (ma soprattutto di te stessa) ti consentirà di accogliere nuovi punti di vista e di mettere in atto azioni che prima avresti ritenuto impossibili e che invece sono indispensabili per superare la tua frustrante zona di comfort per spingerti oltre, verso la tua realizzazione.  

Mettersi in discussione come leva verso la realizzazione

In questa nuova prospettiva sapersi mettere in discussione, svincolata dalle dinamiche del giudizio, diventa un processo arricchente e gratificante, seppur decisamente impegnativo: una vera e propria leva per aiutarti a crescere come persona, imparare dagli errori passati e sviluppare una maggiore consapevolezza di te. Inoltre, ti aiuta a migliorare le relazioni con gli altri perché ti allena a sviluppare la capacità di ascoltarli e di considerare punti di vista diversi dai tuoi.

Come dicevamo, spesso si tratta di un viaggio difficile e spaventoso perché può portarti a riconoscere le tue debolezze e i tuoi limiti. Per questo è importante affrontare questo processo con gentilezza e compassione verso se stesse e cercare il supporto di professionisti qualificati piuttosto che di amici e familiari che tendono ad avere un atteggiamento giudicante e ad essere condizionati dal rapporto che vi lega.

Per concludere ti lascio quindi cinque consigli finali per trasformare la tua abitudine a metterti in discussione in una leva di svolta:

  1. Sii aperta al cambiamento: accetta che ciò che pensi o credi potrebbe non essere sempre corretto o la verità assoluta, ma smettila di mettere in dubbio ogni minima scelta che devi compiere ed impara a fidarti anche del tuo intuito.
  2. Ascolta gli altri considerando i loro punti di vista, ma ricorda che non sono la Bibbia!
  3. Non accettare incondizionatamente le tue opinioni o credenze e tantomeno quelle altrui: spesso sono frutto di pregiudizi e stereotipi culturali.
  4. Accetta l’errore come una parte fondamentale del processo di crescita perché ti permette di capire come potrai fare meglio la volta successiva.
  5. Infine impara a dirti brava e ad apprezzare i risultati raggiunti, le intuizioni che hai colto, le competenze che ti contraddistinguono: ce ne sono sempre molte di più di quelle che tu abbia mai considerato o immaginato! 

Tra te e il tuo empowerment c’è solo una call di distanza!

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