Patriarcato…MMM… Hai presente quando ti comporti in un certo modo anche se non vorresti perché ti sembra che sia giusto così, perchè senti che il tuo “essere donna” ti impone un certo comportamento al lavoro, o che il tuo “essere madre” ne determina un altro rispetto a quanto tempo dedichi alle faccende di casa?
Immagino tu abbia sentito parlare spesso di patriarcato ultimamente e forse letto qualcosa sul significato di questo termine… Non credo però sia altrettanto facile trovare spiegazioni chiare e soprattutto pratiche sugli effetti che la cultura patriarcale ha su ognuna di noi nel quotidiano e, ancora meno, trovare informazioni che ti aiutino a capire che cosa puoi fare tu, nel tuo piccolo, per liberarti dal patriarcato attraverso semplici ma potenti gesti quotidiani.
E se ti stai chiedendo perchè dovresti farlo, beh, torna alle prime righe di questa intro e dimmi se non credi che sia finalmente giunto il momento di sentirti libera di esprimere ciò che sei e desideri, senza il filtro del giudizio altrui e delle aspettative sociali.
Se la tua risposta è “Sì”, allora iniziamo!
SOMMARIO
- Uscire dalla gabbia della società patriarcale
- I ruoli e i modelli di donna imposti dal patriarcato
- Come contrastare il patriarcato nei piccoli gesti quotidiani
Uscire dalla gabbia della società patriarcale

Ho fatto questo disegno qualche giorno fa ispirata da alcune donne che stavo seguendo nel percorso 3MesixSvoltare, accomunate dalla stessa condizione (che era anche la mia di qualche anno fa): si sentivano delle leonesse in gabbia!
In una società patriarcale come la nostra è comune provare questa sensazione di prigionia dentro a ruoli prestabiliti: mamma gioiosamente accudente, moglie devota e servizievole, segretaria disponibile h24, infaticabile collaboratrice di studio (sottopagata), figlia accondiscendente,…
Dicevo “prestabiliti”, ovvero stabiliti a priori e tramandati di generazione in generazione da uomini che predominano in ogni settore (eccetto quelli tradizionalmente legati alla cura o all’accudimento): politica, economia, cultura, arte, storia, materie scientifiche, e che detengono quindi la maggior parte del potere.
Come sostiene lo scrittore Lorenzo Gasparrini (che si auto-definisce filosofo femminista), con patriarcato non si intende solo l’ingombrante figura del padre-padrone all’interno delle mura domestiche, ma un vero e proprio sistema di potere alla base della nostra società che pervade la vita di ciascun* di noi a prescindere dal sesso di appartenenza in quanto ci è socialmente tramandato fin dalla più tenera età.
Ancora prima che un essere venga al mondo genitori e parenti si mettono all’opera per aiutarl* a costruire le sue preferenze in merito a colori, giochi e passioni rispetto a ciò che è ritenuto più “consono” in base al sesso biologico rilevato.
Ci sono quindi giochi da maschi e giochi da femmine, cose “da femminuccia” che un bimbo dovrebbe vergognarsi di voler sperimentare e atteggiamenti “da maschiaccio” che vengono ben presto criticati alle brave bambine.
Gli effetti di queste prassi sono immediatamente visibili: un recente studio pubblicato su Science,“Gender stereotypes about intellectual ability emerge early and influence children’s interests“, documenta che già intorno ai 5-6 anni, le bambine iniziano a credere che i maschi siano migliori di loro.
Questo pensiero le accompagnerà per il resto della loro vita, limitandole e impedendo loro di esprimere tutto il proprio potenziale.
Questo pensiero di inferiorità sarà la base atavica dei loro blocchi di fronte al chiedere un aumento di stipendio anche quando lo meritano.
Sarà il motivo inespresso per cui non si sentiranno mai abbastanza pronte per candidarsi ad una posizione per cui invece gareggeranno i loro colleghi uomini, anche con minori competenze.
Sarà il fondamento su cui aggiungeranno un’altra mandata di chiave alla serratura del cassetto dei propri sogni, quando al proprio compagno sarà chiesto di trasferirsi all’estero e a loro soltanto di accondiscendere e di seguirlo, mettendo a tacere le proprie ambizioni.
…Ora cominci a capire che cosa sia DAVVERO il patriarcato, non è così?
Tutta la società ruota intorno a stereotipi di genere che di fatto limitano bambine (e bambini) nell’espressione del loro io, inducendole a pensare che ci sono cose da maschi e cose da femmine in quasi tutti gli ambiti: ruoli in famiglia, lavori consoni o meno, giochi, colori, preferenze, capacità e incapacità, competenze, ecc…
Per quanto questa impostazione patriarcale sia dannosa per tutt*, in termini di opportunità si dimostra storicamente molto più penalizzante per le donne in quanto il modello di riferimento attorno a cui TUTTO e LETTERALMENTE TUTTO nella nostra esistenza è costruito è quello dell’uomo occidentale bianco eterosessuale.
Alla base della nostra società patriarcale ci sono quindi principi di prevaricazione maschile con i quali conviviamo da millenni e che spesso sono talmente radicati da apparirci scontati e giusti.
L’abitudine di avere modelli di ruolo maschili pressoché in ogni ambito e di non aver conoscenza di altrettanti esempi femminili (perché non ce ne sono stati in quanto non ne hanno avuto l’opportunità o perché le donne in posizioni di rilievo spesso sono state “cancellate” dalla memoria storica e sociale o vagamente menzionate come specie rare o mogli o figlie o sorelle di.. capitate lì più per caso e per parentela che non per meriti) ha cementificato le nostre convinzioni delineando un sistema sociale maschilista e spingendoci a credere che “se non siamo in quei posti, forse è perché siamo meno brave o perchè è giusto così”.
Quante volte ti è capitato di pensarlo, di fronte a una posizione di lavoro che hanno assegnato ad un collega e non a te?
Quante volte ti sei detta che è normale non poter ambire a quel ruolo di prestigio perché hai una bimba piccola che ha bisogno di te?
E quante altre, da sola poi hai pianto tutta la rabbia di cui eri capace perchè, nonostante tutto ciò che provavi a dirti e a giustificare con l’evidenza, non riuscivi in fondo al tuo cuore a sentire quelle parole GIUSTE?
3MesiXSvoltare
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Lo capisci quanto è pervasivo questo maledetto PATRIARCATO?
Ce lo portiamo addosso e lo diffondiamo noi stesse a partire dal linguaggio e dai comportamenti che adottiamo nelle comunicazioni e nelle relazioni quotidiane.
Lo ritroviamo in ogni momento, ancora oggi nelle pubblicità che evidenziano il sessismo ritraendo spesso le nostre incapacità nello svolgere lavori o cose “da uomo”, o sfruttando la nostra immagine come femme fatale seduttiva, donna oggetto o capace di sentirsi realizzata con l’ultimo modello di qualcosa, che sia un’aspirapolvere, una piastra per capelli o una borsa di lusso!
Secondo una recente ricerca condotta da YouGov.it i tre principali luoghi comuni sulle donne sono:
- Le donne sono più adatte ad allevare i figli rispetto agli uomini
- Le donne devono occuparsi della casa
- Le donne sono multitasking
Eccole qui, tre delle sbarre di quella prigione che ho rappresentato nel mio disegno!
Quali di queste senti di avere addosso come limitazione alla donna che vorresti essere davvero?
Ti invito a prendere carta e penna e ad elencare tutte quelle che compongono la tua prigione…Nera o dorata che sia, perché oggi il patriarcato si è fatto furbo e per quanto bella e comoda, ricordati che si tratta pur sempre di una prigione.
Al terzo punto, ho dedicato un video un po’ di tempo fa: “La Donna è un “Essere MULTITASKING”, si dice, e io rispondo “BALLE!!!!!!”
Quando Elisa, una mia allieva, è diventata consapevole di questo terribile “tranello sociale” che drena energie e confonde le idee alle Donne su ciò che davvero conta, ha ritrovato 1 ora di tempo per sé ogni giorno, imparando a delegare al compagno e a suo figlio parte delle attività quotidiane di cui si faceva carico.
Lavorando con tantissime professioniste nei miei percorsi, mi sono accorta che spesso noi donne siamo bravissime a fregarci da sole!
Un esempio lampante è quando assumiamo questo “luogo comune del multitasking” vantandoci del fatto che uno degli aspetti della nostra “superiorità” sugli uomini sia quello di saper fare mille cose contemporaneamente.
Questo “essere multitasking” del quale molte vanno tanto orgogliose e sbandierano come indice di valore è infatti una delle peggiori trappole che ci sia mai stata tesa, e nella quale molte di noi cadono, ripetutamente ma soprattutto inconsapevolmente.
Fiere di arrivare dappertutto, di essere tutto, di dover fare mille cose contemporaneamente e in modo perfetto, per dimostrare di valere.
Senza però arrogarsi il diritto di vedere questi “meriti” riconosciuti, ovviamente.
…Perché questo “non sta bene”, “non si fa!”.
E se tutta questa situazione non fosse altro che un modo “per raccontarcela”, ed evitare di affrontare una delle più ataviche paure del genere femminile…quella di DELEGARE, perdendo il controllo!?
- “..Sia mai che chiedo a mio marito di pulire il bagno: ammesso che lo faccia (sbuffando) troverei ancora capelli in giro e gli asciugamani non cambiati!”
- “Se devo mettermi, quando rientro dall’ufficio, a combattere con i miei figli per far apparecchiare la tavola, preferisco lasciar perdere e fare da me!”
- “Lavoro in proprio e non sempre è semplice, però non me la sento di chiedere ai miei un aiuto o di assumere una baby sitter,…Dopo tutto, lavoro da casa e se la bambina sta male, posso accudirla io (…con i progetti in sospeso me la vedrò poi a notte fonda)…”
Ti riconosci?
In questo video l’ABC per ALLENARE il tuo MINDSET alla delega e riuscire ad ottenere gli stessi risultati di Elisa…Perché se prima non accetti tu l’idea di CHIEDERE AIUTO, chi pensi che possa farlo per te?
Se a questo punto stai cominciando a sentirti stretta, sono felice, perché è qui che comincia la tua liberazione! E ti rassicuro che, per quanto emanciparsi dalla cultura patriarcale per essere libera di realizzarti secondo la tua natura e le tue ambizioni sia faticoso, è assolutamente possibile!
Molte delle donne con cui ho lavorato nel mio Programma di empowerment femminile si sentivano senza speranza quando ci siamo incontrate in call. Eppure ben presto hanno trovato le risorse dentro di sé per disfare la loro prigione di certezze fatta di stereotipi, ruoli precostituiti e paure e sono riuscite con il mio aiuto a costruire un progetto di vita e lavoro diverso e davvero in linea con i loro desideri.
Non è certo immediato ma è possibile scardinare le sbarre un pezzo alla volta, e puoi iniziare SUBITO. Invece di guardare alle catene che ti immobilizzano, guarda a ciò che ti ispira a cambiare e con impegno, perseveranza e fiducia potrai riuscire a superare le difficoltà che oggi ti sembrano insormontabili.
Inizia ascoltando la video intervista che segue e ti renderai conto di che cosa sia stata in grado di realizzare Alessandra (etichettabile secondo i diktat del patriarcato principalmente come moglie di X e mamma di Y e Z !!), dopo aver fatto pace con se stessa sul fatto di non voler mettere al primo posto della sua scala dei valori “famiglia” o “amore” ma “successo e realizzazione”…
Il coraggio di dire “BASTA” ad un modello preconfezionato che però le stava stretto le ha permesso di rompere la gabbia di luoghi comuni e di raggiungere in tempi record quel nuovo traguardo personale che all’inizio del percorso le sembrava un sogno lontanissimo!
I ruoli e i modelli di donna imposti dal patriarcato
Anche Alessia si sentiva una leonessa in gabbia quando si è presentata alla call conoscitiva del mio percorso 3MesixSvoltare: non riusciva a prendersi tempo per sé nonostante un lavoro in Smartworking.
3MesiXSvoltare
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Si sentiva sfinita dalla routine, dal fare sempre prima per gli altri e provava un forte bisogno di portare nella sua vita leggerezza, ad esempio tornando a dedicarsi alla pittura, alla visita di qualche mostra insieme alle amiche, a qualche passeggiata senza scopo.
Mi ha chiesto aiuto perché sentiva di dover imparare a fregarsene di tante cose superflue anche apparentemente banali, come lasciare un lavandino pieno di piatti per tutto il giorno, o non andare in ansia se il frigo era vuoto, ma aveva capito che le era impossibile farcela da sola.
Il suo bisogno di respirare e recuperare energie era ormai talmente forte da stringerle un nodo alla gola: al nostro primo incontro me ne parlava con le lacrime agli occhi.
Dalla sua aveva un marito comprensivo che la spronava a prendersi le meritate libertà, ma, nonostante non ci fossero limitazioni oggettive, lei si sentiva ingabbiata dal suo bisogno di controllo, e da qualcosa d’altro, che non sapeva spiegare ma che la opprimeva.
Decido allora di iniziare a lavorare sull’organizzazione, sistemando la sua routine: qualcosa migliora, su carta funziona tutto ma poi…dalla teoria alla pratica qualcosa si inceppa.
Continuiamo il percorso ed il lavoro fatto insieme le rende pian piano più chiari quali siano i reali ostacoli da superare:
“lo scrivo in agenda, ma poi non lo faccio…Ho in testa la voce di mia mamma che mi dice “ma cosa vai a fare al centro commerciale?!”
Modelli di altri, aspettative che partono da fuori, ma che poi inconsapevolmente portiamo dentro fino a farli diventare la nostra identità.
Una volta individuato il vero problema Alessia impara pian piano a darsi il permesso;
a smettere di ripetersi le frasi fatte che ormai erano radicate in lei:
“Prima il dovere e poi il piacere!” “… ma comunque stare sul divano a far niente non va bene neanche quando la casa brilla, i figli sono a posto, il marito pure, hai lavorato 2 ore extra saltando il tuo allenamento!”.
Con grande impegno ed immensa fatica Alessia si è finalmente presa la responsabilità – e quindi il potere – di lavorare sulle proprie convinzioni limitanti: quelle sul lavoro, sulla famiglia, sui ruoli, sul dovere…
L’ho salutata a fine percorso finalmente convinta di volersi mettere tra le priorità e con una strategia chiara per fare in modo che le conquiste ottenute durante i tre mesi di lavoro insieme diventassero permanenti.
Essere consapevole di avere il potere di decidere fuori dalla gabbia di ruoli e preconcetti tramandati dalla sua famiglia ha dato ad Alessia lo slancio per pianificare un progetto più ambizioso per il nuovo anno: finalmente ha capito che le persone che le stanno vicino non sono “padroni” da servire, ma “alleati” da ispirare e da cui farsi supportare.
Per cominciare ad entrare più nel concreto – era ciò che ti avevo promesso – se anche tu vuoi darti il diritto di essere te stessa e di esprimere finalmente i tuoi bisogni liberandoti dalle dinamiche subdole del patriarcato, inizia a non accettare più alcuni “dati di fatto” o prassi acquisite che tu stessa, probabilmente, continui a dare per scontato come:
- il fatto di dover mantenere la totalità (o quasi) del carico mentale e pratico delle incombenze domestiche e familiari;
- essere la sola ad usufruire del congedo per accudire i bambini quando stanno male;
- che le opportunità di crescita professionale siano riservate solo ai tuoi colleghi uomini;
- il fatto che tu non debba chiedere un aumento di stipendio;
- che al lavoro ti chiamano Signora o Signorina invece che Dottoressa o utilizzando il tuo titolo professionale;
- che uomini meno preparati e/o titolati di te vogliano “spiegarti le cose” (questo si chiama MANSPLAINING e sì, ha un nome perché è uno dei modi in cui si manifesta la cultura patriarcale);
- fare buon viso a un “complimento non gradito ed insistente” (si chiama CATCALLING o in alcuni casi MOLESTIA)
Se Alessia rappresentava la classica “donna di casa”, sebbene in versione 2.0 ovvero con il sovraccarico ulteriore di un (buon) lavoro a tempo pieno (quindi con relativo carico di responsabilità e risultati da portare, anche lì!) ora ti racconto con grande amarezza un secondo modello di donna che si inserisce perfettamente nel modello patriarcale.
Dico amaramente perchè in questo caso la figura che nella vicenda funge da “protettrice dell’ordine patriarcale” in questo caso è un’altra donna, ovvero sua madre.
…E qui veniamo nuovamente al tema: ma quanto è pervasivo, quanto insidioso questo patriarcato, che viene tramandato persino dalle donne, a danno delle donne, dalle madri, a danno delle figlie.
È vero, anche nella storia di Alessandra c’era lo zampino della madre-grillo parlante, ma qui andiamo oltre, leggi questi messaggi che ho ricevuto qualche tempo fa:




Quando ho letto questo racconto, mi è venuta la pelle d’oca: ancora oggi ci sono madri che, anziché spronare le proprie figlie a seguire le loro ambizioni e capacità e a supportarle nei momenti più difficili, tarpano loro le ali facendo leva su sensi di colpa atavici e stereotipi di genere mai davvero superati.
Per fortuna questi screen si concludono con un urlo di vittoria, ma il sapore è amaro, e trovo che per questo abbia bisogno di risuonare forte, perciò spero tu posso condividere questo articolo con più donne possibili, per urlarlo al mondo.
Con la sua risposta Emma ha infatti preso le distanze dalla bruttura di un modello di maternità distorto e ha deciso che per le sue figlie sarebbe stata un modello del tutto diverso da quello che ha avuto.. Dice grazie a me per esserci riuscita, ma il grazie più grande lo deve a sé stessa e al suo coraggio.
Quelli che ti ho fatto sono solo alcuni esempi di come il patriarcato si manifesta nella società, ma ci sono molte altre forme di discriminazione di genere con cui ti sarai ripetutamente scontrata nella vita di tutti i giorni come il fatto che le donne:
- guadagnino meno degli uomini per lo stesso lavoro;
- vengano meno rappresentate in posizioni di leadership e di potere;
- rivestano ruoli di accudimento e si occupino della gestione della casa, mentre gli uomini siano incoraggiati a perseguire carriere e posizioni di potere;
- siano spesso sottorappresentate in posizioni di potere politico e decisionale;
- vengano discriminate dalle leggi e che la cultura tenda a perpetuare norme di genere che limitano il loro potenziale;
- vengano ancora rappresentate in modo stereotipato e sessualizzato nei media;
Come ti dicevo in apertura, anche io in passato mi sono spesso sentita ingabbiata e con le mani legate di fronte a responsabili uomini che non mancavano di sottolineare la loro posizione di potere, a volte anche immeritatamente ottenuta.
Come quella volta che mi sono sentita definire insolente per aver osato chiedere l’aumento o per avere chiesto informazioni sulle possibilità di avanzamento di carriera: insomma il mio desiderio di non “stare al mio posto” e desiderare un miglioramento non era ben visto.
Da quando mi è stato fatto pesare il mio “Chiedere di più” ho però giurato a me stessa che, da quel momento in poi, solo io avrei potuto stabilire i miei limiti rispetto alle mie aspettative.
Se anche tu:
- non sei abituata a chiedere di più per te stessa, perché ti fa sentire in colpa, o sbagliata;
- se al lavoro ti è capitato di trovarti in difficoltà nel chiedere che le tue competenze venissero meglio retribuite;
- ti sei trattenuta dal chiedere più aiuto;
- nel rapporto con i tuoi potenziali clienti spesso “abbassi la posta” per paura di perdere l’incarico;
- tendi a non metterti in discussione per la paura del giudizio;
sappi che si tratta di uno schema ricorrente e disfunzionale basato su un retaggio culturale che ti porti dentro e che è legato, ancora una volta, alle logiche del patriarcato.
Nel video che segue ti spiego come, per fortuna, su queste dinamiche tu abbia un’enorme parte di responsabilità e quindi, quanto sia in tuo potere la possibilità di cambiarle contribuendo a interrompere quella terribile “maledizione sociale” per cui, in quanto donne, dobbiamo stare al nostro posto, senza mai chiedere (e nemmeno desiderare) di più per noi stesse e la nostra vita!
Come contrastare il patriarcato nei piccoli gesti quotidiani
Come ha riassunto Michela Murgia nel suo libro Stai Zitta è a partire dalle parole che il lavoro di sottomissione delle donne dai luoghi pubblici e sociali ha avuto inizio creando quei pregiudizi che hanno frenato la nostra piena realizzazione.
Alla base del patriarcato c’è infatti un vero e proprio impianto verbale che sostiene e giustifica il maschilismo e che cerca, in maniera subdola, di mantenere in vita il dislivello sociale tra i generi.
Ecco quindi come puoi contribuire a sovvertirne le logiche nella tua quotidianità iniziando a riconoscere le 10 frasi che l’autrice si è sentita più spesso ripetere e che saranno sicuramente ricorrenti anche nella tua vita di tutti i giorni:
- STAI ZITTA: perché la donna è socialmente gradita se silenziosa, o accondiscendente rispetto al punto di vista maschile >>> COSA FARE: Quando te lo dicono, NON accettarlo, ed esprimi quello che senti.
- ORMAI SIETE DAPPERTUTTO: riferendoci al sesso biologico siamo più o meno al 50/50% su questo pianeta, ma chissà come mai vengono “contate” solo le donne, come fossero una rarità… E in effetti nei luoghi in cui si progetta e agisce, come nei consigli di amministrazione e in politica siamo davvero “specie protetta dalle quote rosa e poco altro”, oppure la nostra assenza è irrilevante. >>> COSA FARE: Ogni posto è prezioso, se vuoi prendertene uno, non demordere!
- COME HAI DETTO CHE TI CHIAMI?: Per le donne è difficile riuscire a farsi chiamare col cognome o con il titolo professionale. L’uso del nome proprio in contesti non confidenziali, agevola l’uso del tu familiare o paternalistico e diminuisce l’autorevolezza della funzione ricoperta. Di analoga portata le espressioni “una donna” “lady” o “regina” , “signora o signorina”, “le ragazze”. >>> COSA FARE: PRETENDI che ti chiamino con il titolo o appellativo che ti spetta, rispetto al contesto in cui ti trovi.
- BRAVA E PURE MAMMA! La proiezione sociale delle donne come creature ontologicamente materne non ha smesso di dominare la narrazione pubblica. >>> COSA FARE: Smetti di biasimare le madri se non hai figli, e smetti di biasimare chi non ha figli se sei madre. La maternità NON è il parametro per definire che cosa sia una donna o che cosa sia femminile, ricordalo OGNI VOLTA in cui ti trovi a parlare con le tue sorelle!
- SPAVENTI GLI UOMINI: dalle donne ci si aspetta la gentilezza e la capacità di mediazione, la grazia e la dolcezza, la decisione forse, ma non troppo evidente, altrimenti è un attimo che diventi una maestrina, una capetta, un’aggressiva! >>> COSA FARE: Ricordati che imparare a gestire le tue reazioni e navigare le tue emozioni è importante per il tuo empowerment e per raggiungere con più facilità e centratura i tuoi obiettivi, non per essere più docile o litigare meno!
- LE DONNE SONO LE PEGGIORI NEMICHE DELLE ALTRE: nei sistemi maschilisti è essenziale che le donne credano che le loro peggiori nemiche siano proprio le altre donne. >>> COSA FARE: Presta attenzione: chi in questo momento te lo sta facendo credere? E come lo sta facendo?
- IO NON SONO MASCHILISTA! In una cultura patriarcale tutti e tutte cresciamo compromessi dal pregiudizio sessista. La responsabilità è un carico etico collettivo che ci riguarda sempre. >>> COSA FARE:ANCHE TU SEI MASCHILISTA: prima ne diventi consapevole, prima riuscirai a rimediare!
- SEI UNA DONNA CON LE PALLE: il pregiudizio e l’abitudine che sia la maschilità il parametro per definire l’eccellenza. >>>COSA FARE: Inventati un altro modo per definirti come donna di carattere, di valore, che sa il fatto suo, e poi diffondi questa nuova abitudine!
- ADESSO TI SPIEGO: vedi più sopra, quando ho parlato del mansplaning, >>> COSA FARE: non permettere che gli uomini che ne sanno meno di te ti spieghino le cose.
- ERA SOLO UN COMPLIMENTO! >>> COSA FARE: Quando i “complimenti” o le avances non ti sono graditi non fare buon viso a cattivo gioco, ma ribadisci il tuo fastidio e che si tratta di una ingerenza.
Non sono solo gli uomini, purtroppo, a utilizzare questo linguaggio ma è l’intero sistema sociale a pararsi dietro la scusa del “Sono solo parole”. No, non sono solo parole perché il linguaggio ha una funzione sociale: il modo in cui raccontiamo le cose determina infatti la nostra realtà.
Parlare sempre più spesso dei meccanismi infimi alla base del patriarcato ci aiuta a smettere di perpetuare le disuguaglianze di genere che impediscono il pieno sviluppo e il potenziale di chi non ha la “fortuna” di essere nata uomo.
Rifiutare il linguaggio sessista e l’impostazione maschilista delle relazioni personali e professionali sono azioni concrete che, con il tempo, ci possono permettere di superare la cultura patriarcale per costruirne una nuova, più inclusiva e basata sulla promozione delle pari opportunità.
Perchè noi donne dobbiamo “averne piene le PA**E di starcene ZITTE E BUONE”!… ed il fatto che si debba usare un’espressione tipicamente maschile per esprimere questa insofferenza, la dice molto lunga su quanto ci sia ancora da fare per ottenere un mondo più egualitario in termini di diritti.
Per fortuna c’è chi, come Romina, una mia allieva che, stanca di lavorare per un’azienda che non le riconosceva le sue pazzesche doti commerciali, riservandole bonus inferiori a quelli dei colleghi, ha avviato il suo studio professionale di consulenza che può gestire a modo suo e da cui sta ottenendo le soddisfazioni economiche che merita;
Per fortuna c’è chi, come Marisa, un’altra meravigliosa cliente che si è stancata di stare al gioco “DONNA=MAMMA” e che ha avuto il coraggio di dire ai suoi genitori e suoceri che la incalzavano sugli impegni di lavoro, che lei si sente realizzata principalmente come professionista, prima che come madre, pur avendo una famiglia meravigliosa e di cui è innamorata. Finalmente ha smesso di rimuginare e sentirsi in colpa quando le capita di fare tardi per la consegna di un progetto perché ora sa come essere presente al 100% al lavoro quando serve ma anche con i suoi bimbi una volta che rientra a casa, evitando di lavorare la sera tardi o rispondere a telefonate e messaggi dei clienti nel weekend.
Per fortuna c’è chi, come Luciana, si è stancata di non sentirsi abbastanza preparata o formata per via del mansplaining dei suoi colleghi ingegneri, e che per evitare che questa cosa potesse accadere ad altre, ha fondato un’associazione per sostenere le giovani professioniste dei settori STEM;
Per fortuna potrei continuare a lungo con la lista di esempi di ispirazione di donne comuni che si sono stancate di un sistema maschio-centrico e che hanno reagito trasformando la rabbia per queste ingiustizie e consuetudini in qualcosa di importante per sé e per altre, grazie alla loro tenacia ed al viaggio svolto insieme nel mio programma 3MesixSvoltare.
Ogni giorno mi batto per difendere il diritto delle donne a desiderare di più e per aiutare quelle che si sentono pronte ad ottenerlo.
Contrastare il patriarcato con piccoli gesti quotidiani è quindi un potere nelle mani di ciascuna di noi. Non è solo possibile ma necessario ridefinire le fondamenta alla base della nostra società, perché anche tu possa finalmente seguire le tue aspirazioni senza limiti imposti e sentirti finalmente autorizzata a realizzarti secondo la tua visione.

È il momento di darti il permesso di desiderare di più, e di riuscire ad ottenerlo!
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