Donne STEM: come essere riconosciute nelle professioni tecniche

Fai parte anche tu delle cosiddette donne STEM?! Bene: sei la benvenuta nel mio nuovo articolo, che ho pensato di dedicare proprio alle professioniste di aree tecniche: ingegnere, architette, agronome, astrofisiche e astronome, programmatrici informatiche e chi più ne ha, più ne metta!

…Per fortuna siamo nel terzo millennio e possiamo almeno cominciare a nominare queste professioni!…O forse no?! Perché anche attorno alle denominazioni delle professioni c’è una grande battaglia mediatica e socio-culturale. 

Dati alla mano, i pregiudizi verso le “donne architetto” o “donne ingegnere” ad esempio, sono purtroppo ancora molto presenti nella nostra società: le professioniste STEM sono ancora percepite come mosche bianche, nonostante la loro presenza stia timidamente aumentando in tutti i settori tecnici.

Avendo lavorato con diverse di loro nei miei programmi di empowerment femminile, ho potuto raccogliere molte delle loro fatiche, dei dubbi, delle difficoltà derivanti dall’aver ricevuto una formazione prettamente tecnica e settoriale che spesso le porta a trovarsi in difficoltà nel valorizzarsi professionalmente e nel difendersi dagli stereotipi di genere, in settori ancora spesso sotto il monopolio maschile. 

Leggendo questo contributo potrai capire come allenare le tue competenze trasversali per acquisire maggior sicurezza in te stessa nella relazione con i clienti ed i colleghi, nella tua capacità di organizzarti e gestire al meglio il tuo equilibrio vita/lavoro. Capirai quindi come riuscire a sentirti appagata dal tuo lavoro, evitando che questo diventi una gabbia dorata di fatiche e rinunce, se fino ad ora lo hai impostato sulla base del modello maschile imperante. 


SOMMARIO


Donne STEM: ingegneri e architetti al femminile

Secondo lo studio Gender stereotypes about intellectual ability emerge early and influence children’s interests, pubblicato su Science, già intorno ai 5-6 anni, le bambine iniziano a credere che i maschi siano migliori di loro. 

Questo pensiero limitante tipico delle società patriarcali le accompagnerà per il resto della loro vita impedendo loro di esprimere il proprio potenziale.

Purtroppo infatti, ancora oggi, bambine e bambini fanno i conti con gli stereotipi di genere fin dalla più tenera età, con la convinzione che ci siano colori, attività e professioni da maschio e da femmine.

Sono ingiunzioni veicolate principalmente dal linguaggio e dai comportamenti che coinvolgono le comunicazioni e le relazioni quotidiane influendo sulle scelte di ognuno di noi.

Alla base di queste percezioni agiscono i bias e le euristiche: scorciatoie utili per risolvere problemi perché semplificano la realtà e traggono una rappresentazione della realtà nel complesso coerente per noi, ma che spesso non ci consentono di avere uno sguardo obiettivo sulle nostre decisioni.

Ma sono altrettanto pericolose perché instillano in noi la convinzione di avere considerato una situazione in modo corretto, quindi ci fanno insistere su di essa, senza farci mettere in discussione 

Signora Curie, come si vive accanto a un genio?

…Non lo so,
lo chieda a mio marito!

Marie Curie 

Quante volte, nella tua vita, l’essere donna ha complicato lo svolgimento della tua professione tecnica? 

Al di là delle sensazioni, facciamo qualche esempio partendo dai numeri.

Secondo il consiglio nazionale degli ingegneri i numeri delle professioniste STEM stanno piano piano aumentando anche in Italia. Alla fine del 2022 le donne laureate in ingegneria sono state 277.201, il 26,6% del totale di coloro che hanno conseguito il titolo.

Considerando l’intera popolazione femminile laureata però, solo il 7% del totale sceglie di iscriversi alla facoltà di ingegneria. D’altra parte, coloro che la intraprendono hanno una forte motivazione e consapevolezza della scelta effettuata quindi, rispetto ai colleghi uomini, i tassi di dispersione femminili sono più bassi e i risultati ottenuti risultano più alti.

Purtroppo, una volta entrate nel mondo lavorativo, questo primato viene ben presto soffocato: i dati confermano infatti ancora oggi una forte persistenza del divario di genere, sia sul piano dei livelli occupazionali che della retribuzione.

Un lavoro lento quello delle donne laureate STEM che ottiene piccoli risultati grazie soprattutto a professioniste capaci e determinate come le Ingegnere e Architette dell’associazione AIDIA.

Con il mio percorso 3MesixSvoltare ho aiutato diverse professioniste preparate e competenti che avevano introiettato le logiche del patriarcato nello svolgimento del loro lavoro, collaborando ad esempio per anni con un collega uomo più anziano con cui di fatto avevano un rapporto di subordinazione ma organizzato con P.IVA, ovvero con tutti gli oneri di esclusiva ed disponibilità oraria massima, ma senza i vantaggi e le tutele dell’essere contrattualizzate come dipendenti.

3MesiXSvoltare

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Molti sono i racconti di architette, ingegnere edili, ingegnere meccaniche, programmatrici informatiche ed agronome che raccolgo di sessione in sessione: di fronte a mondi ancora così maschilisti, spesso non è sufficiente essere uscite dall’università con il massimo dei voti e senza ritardi, o presentare gli attestati di altri corsi e certificazioni di settore.

Di fatto per una professionista STEM donna il genere funge da zavorra nella “competizione” con i colleghi uomini: per dimostrare il proprio valore professionale a loro non basta presentarsi con le competenze tecniche e diventa necessario costruirsi una solida base di competenze trasversali che, purtroppo, attualmente nessun percorso scolastico ed universitario è in grado di fornire.

“Io in questo studio non riesco più a starci, ma come posso mollare la stabilità economica che questa collaborazione mi garantisce?!”.⠀

“Eppure devo davvero dare una svolta alla mia vita, …ma come potrò guadagnare il minimo indispensabile per vivere se parto da 0 senza clienti?”.⠀

Se ti stai riconoscendo in questo quadro desolante, e queste sono alcune delle domande che ti tengono sveglia la notte, sappi che comunque c’è una soluzione!

Ti racconto, ad esempio, il meraviglioso percorso di evoluzione dell’ingegnera Marta Perego che dal sentirsi una “professionista a metà” è diventata, grazie al percorso svolto insieme, una Professionista con i fiocchi!

Dal nostro primo incontro in call, dove si sentiva bloccata dal mettersi in proprio è passata a chiedermi, a distanza di un anno e mezzo, un altro tipo di aiuto:

“Mi stanno arrivando talmente tante richieste che devo capire come organizzarmi per gestirle!”.

Marta è quindi passata in circa 9 mesi dal superare la fatica e la frustrazione di essere subordinata ad un “dominus” a chiedersi come costruire lo sviluppo della sua attività indipendente.

Eppure anche la sua storia è iniziata come quella di tante altre “professioniste a metà”, ovvero che lo sono di forma senza esserlo in sostanza e soprattutto senza sentirsi capaci di agire pienamente secondo i loro valori e la loro idea di realizzazione, equilibrio, libertà.

È una sensazione che comprendo bene perché per qualche anno della mia vita è stata anche la mia: quando a 24 anni ho iniziato a lavorare come formatrice, la soluzione della libera professione era quella più immediata per potermi proporre come collaboratrice presso gli enti di formazione.

Del resto ero giovane, non avevo creato un business plan né esattamente definito i miei obiettivi professionali o la rotta da seguire. 

E soprattutto, per quanto fossi assolutamente proattiva e metodica, non sentivo di essere io a dirigere il timone della mia nave professionale.

Quando, diversi anni più tardi, sono ritornata da un lavoro a tempo indeterminato alla libera professione l’ho fatto invece consapevolmente: con le idee chiare su chi fossi, che cosa volessi ottenere, come avrei potuto farlo ecc.

E continuando a rinforzarmi e formarmi sulla costruzione del mio personal brand, di relazioni efficaci e sullo sviluppo delle mie strategie di vita e lavoro.

Ascolta dalle parole di Marta come continua ad applicare il metodo che le ho insegnato anche a distanza di un anno e mezzo dal lavoro insieme:

  • pianificando i suoi OBIETTIVI di medio e breve periodo;
  • allenando la COMUNICAZIONE rendendola così sempre più fluida ad ogni nuovo cliente acquisito o avvio di collaborazione 
  • utilizzando i metodi di SBLOCCO che abbiamo applicato sulla sua situazione emotiva di partenza ad altri aspetti della sua vita anche personale, in modo da tenere i vari ambiti in equilibrio.

Architetto o architetta, ingegnere o ingegnera: quanto il linguaggio di genere influenza il pregiudizio

Secondo una recente ricerca di Quindo “Le parole contano”, volta ad approfondire la questione dei bias culturali e di genere sul lavoro, come ad esempio i l’uso dei “femminili professionali”, utilizzando le ricerche che le persone fanno su Google è emerso, ad esempio, che la parola ingegnera ha un volume di ricerca pari a 10 ricerche al mese contro le 21.000 del corrispettivo professionale al maschile.

Nel mondo dell’architettura la differenza è meno netta ma pur sempre evidente: 1700 ricerche al mese per architetto, contro le 900 per architetta.

È  interessante però constatare che, nella maggior parte delle ricerche in cui appare la parola architetta, è per verificare quale sia la forma grammaticalmente corretta.

Utilizzare i volumi di ricerca di Google riguardo al nome professionale declinato al maschile e al femminile permette di capire la realtà attuale e i trend in evoluzione.

Premesso che dal punto di vista grammaticale sia architetta che ingegnera sono forme corrette – e che lo stesso vale per le professioni di ministra, sindaca, chirurga, ecc… – se non vengono utilizzate è solo per scelte personali dettate da convenzioni e abitudini che possono essere sovvertite solo con il tempo.

Qualche settimana fa mi sono imbattuta in un articolo scritto sul Corriere del Trentino: “Avvocato o avvocata: farsi chiamare al maschile ispira più fiducia” che mi ha ricordato le riflessioni di una mia cliente professionista affermata che, durante l’intervista finale dedicata al nostro lavoro nel percorso 3MesiXSvoltare mi aveva chiesto di appellarla avvocato e non avvocata nel raccontare la sua storia. 

Nell’articolo si faceva riferimento all’indagine realizzata dall’IRVAP della Fondazione Bruno Kessler che rivelava quanto, ancora oggi, “l’impatto della declinazione femminile sia enorme: presentare un profilo come avvocata pesa in negativo come presentarsi con dieci anni di esperienza in meno”.

Come racconta la sociolinguista Vera Gheno nella puntata del suo podcast “Amare parole”

“È più brava una avvocato o un’avvocata?” 

Dal punto di vista grammaticale il problema non si pone, perché la lingua italiana ne prevede l’impiego ma sono culturalmente tollerati solo le declinazioni al femmnile solo per quei lavori per i quali la presenza femminile è prevista da tempo: maestra, cameriera, sarta, cuoca.

La questione si complica infatti solo quando la presenza femminile è una novità: ingegnera, avvocata, ministra. Ciò che ci spinge a preferire ancora il maschile sovraesteso percepito ancora come forma di maggior prestigio sono quindi unicamente freni culturali.

Ma i rischi del maschile sovraesteso non sono da sottovalutare: provate a chiedere a pensare a 3 nomi di scrittori famosi…Difficilmente penserete a una scrittrice.

Se infatti continuamo ad usare il maschile sovraesteso, il femminile continuerà a essere considerato un’eccezione, un’anomalia rispetto alla normalità del maschile. 

Vera Gheno

Ancora nel 1950 scrittrici del calibro di Natalia Levi Ginzburg, Elsa Morante, Alba De Cespedes preferivano definirsi scrittori, invece che scrittrici, perchè la declinazione al femminile portava con sé il pregiudizio che le donne fossero in grado di scrivere solo di questioni sentimentali: solo con il tempo questo preconcetto è stato smontato e oggi nessuno si sognerebbe di dire che Margaret Mazzantini è uno scrittore.

Per quanto riguarda altre professioni invece siamo solo all’inizio: il 15% delle professioniste sceglie di appellarsi come avvocata perché il suo utilizzo alimenta ancora stereotipi negativi nei confronti delle donne.

In questa situazione di transizione la soluzione migliore potrebbe essere chiedere semplicemente alla diretta interessata:

“Come preferisci essere chiamata?”

3MesiXSvoltare

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Soft skills per professioniste STEM di successo

Come ti raccontavo in apertura, in questi anni ho conosciuto decine di donne intraprendenti, professioniste capaci e appassionate del loro lavoro che avevano frequentato svariati anni di università, a volte anche master, grazie ai quali avevano rafforzato le competenze tecniche ma si sentivano completamente a digiuno di tutte quelle competenze trasversali, indispensabili allo stesso modo per sentirsi sicure nel loro ruolo di professioniste, e spesso anche per “tenere testa” ai soprusi e alle penalizzazioni di genere.

A causa di queste lacune, alcune di loro, a distanza di alcuni anni dall’inizio dell’attività hanno iniziato a sentirsi sopraffatte dal lavoro, in scacco dei loro clienti, in difficoltà nella gestione di collaboratori, manager o collegh*. 

Anche io sono una professionista e conosco bene l’importanza delle soft skills per svolgere al meglio la mia attività: prima di essere una coach sono infatti una persona.

Con gli anni ho imparato quanto sia importante strutturarsi come persone con la P maiuscola, per poi essere Professioniste e, solo alla fine, entrano in gioco le competenze tecniche specifiche di settore.

Spesso invece ragioniamo all’inverso, partendo dalle competenze tecniche e decidendo di diventare professioniste prima ancora di aver consolidato le altre dimensioni.

Ho conosciuto ad esempio professioniste super capaci nella loro attività che però non avevano la minima capacità di organizzare la loro agenda in modo efficace e che disperdevano tempo ed energie preziose proprio per questo motivo.

Ne ho incontrate altre che avevano pensato di cominciare a lavorare come autonome senza aver fatto pace con i soldi, e quindi si portavano avanti questo tabu penalizzandosi nella definizione dei preventivi o trovandosi in difficoltà a programmare investimenti e  spese perchè non avevano la situazione economica sotto controllo.

O ancora altre che erano abituate a subire le necessità degli altri e mettendosi sempre all’ultimo posto applicavano anche con i clienti la strategia dell’essere sempre a disposizione: in questo modo si erano rese la vita un inferno e rischiavano di perdere il  rapporto con il proprio  compagno e i propri bimbi.

Nel video che segue ti spiego perché ritengo che competenze tecniche e trasversali siano entrambe indispensabili per poter diventare una professionista con la P maiuscola dandoti qualche consiglio su come consolidarsi nelle due sfere:

Quali sono, quindi, le skills necessarie per diventare una professionista STEAM di successo?

  1. COMUNICAZIONE

Comunicare con assertività è una delle principali soft skills da allenare per migliorare le relazioni professionali con clienti, collaboratori e colleghi.

Imparare, ad esempio, a dire di NO influirà non solo sulla tua autorevolezza ed efficacia professionale ma anche sulle tue relazioni private. Nel lavoro, come nella vita, dire sempre di sì, non è sinonimo di disponibilità ma spesso è letto come essere a completa disposizione.

Questo è quello che ha capito Maria Celeste Dossi, “ingegnere donna” di 36 anni, che aveva scelto di contattarmi quando dall’amare il suo lavoro era passata a sentirsi nauseata da esso. 

Aveva talmente premuto l’acceleratore sulla sua carriera da arrivare a trascurare la sua stessa salute.

Quando se ne è resa conto, però, non sapeva concretamente come tornare a riprendersi tempo per sé, la sua famiglia, per le amicizie o un po’ di svago, dal momento che le sembrava di vivere con un “pilota automatico” innescato, capace di rispondere soltanto alle pretese degli altri o alle richieste dei clienti.

Grazie al percorso 3MesixSvoltare ha riportato armonia nella sua vita, riequilibrando i ritmi del lavoro, per tornare a svolgerlo con passione e per dedicare tempo di qualità alla sua vita privata:

  • ha imparato a gestire le relazioni di lavoro esprimendo i suoi bisogni in modo assertivo e professionale, e mettendo dei confini, cosa che le ha permesso di valorizzarsi al meglio come professionista e di guadagnare autorevolezza
  • ha ripreso a prendersi cura di sé e guadagnato tempo da dedicare ai suoi bimbi e a suo marito  (adesso le sue gite fuori porta del sabato non sono più impedite o interrotte dalle interminabili telefonate ai clienti
  • ha ritrovato quella lucidità mentale che le sembrava irrimediabilmente perduta, riuscendo a delegare in modo efficace alcune attività ad una collaboratrice 

Ciò che ha imparato e applicato nel suo ruolo di professionista ha impattato inevitabilmente e positivamente sull’equilibrio vita-lavoro: migliorare la comunicazione si è infatti rivelato utile anche nel contesto famigliare per manifestare i suoi bisogni e il suo punto di vista.

Nella video-intervista Maria Celeste racconta la sua evoluzione grazie alla sinergia dei suoi ruoli di persona, professionista e ingegnera: 

  1. GESTIONE DEI CLIENTI

“Sono a sua completa disposizione

…Grazie per il complimento ma non è merito mio, le circostanze sono state favorevoli!”.

“Ma ci mancherebbe, è dovere!”.

“Mi chiami pure anche domenica, le rispondo sempre!”.

Non di rado mi capita di lavorare con professioniste che ritengono di avere difficoltà a essere valorizzate al lavoro, che si tratti di relazioni interne all’azienda, con manager o collaboratori, oppure di rapporti con clienti e fornitori, se lavorano in proprio.

Questo le fa sentire insoddisfatte, mai veramente realizzate come vorrebbero.

Travolte dalla sindrome dell’impostore pensano che le persone attorno a loro si comportino così perché sono loro a non essere abbastanza brave ma, in fin dei conti, ci restano male perché sentono di meritare di più.

Finché non cominciamo a lavorare insieme, spesso attribuiscono questo mancato riconoscimento unicamente agli “altri”.

Se è capitato anche a te di sentirti vittima di chi ti sta intorno sappi che esiste un’area di potere personale per impattare sulla situazione e imparare ad esercitare una leadership efficace partendo da un lavoro sulla tua capacità di auto-stimarti obiettivamente e di essere assertiva nelle relazioni.

Sebbene i risultati siano spesso entusiasmanti, il percorso per ottenerli è fatto da piccole cose, come ad esempio da un cambio in alcune semplici abitudini quotidiane.

Nel video ti racconto con quali frasi utilizzare per sostituire quelle disfunzionali che hai letto in apertura di questo paragrafo, perché il cambiamento di pensieri e comportamenti parte proprio dal linguaggio: 

  1. STRATEGIA E ORGANIZZAZIONE

Che tu sia una libera professionista o una manager affermata poco cambia: la tua agenda sarà in entrambi i casi piena di call, formazioni, riunioni con i consulenti ed impegni di vario tipo. Quando la stanchezza e lo stress si accumulano, questi fattori rischiano di farti mettere in dubbio le tue capacità: considerato che negli anni precedenti il lavoro ti aveva dato belle soddisfazioni, cominci a chiederti se non sia tu stessa il problema!

Ultimamente ho conosciuto decine di donne senza energie che mi chiedono aiuto perché capiscono di aver bisogno di una guida che le aiuti a fare ordine nella confusione che hanno in testa (ed ormai anche nel cuore) e ad analizzare obiettivamente la situazione.

Continuare a giudicarti e colpevolizzarti inutilmente, non ti porterà a individuare strategie alternative valide: si rivelerà solo un modo per non assumerti le responsabilità delle tue decisioni, ma soltanto il dolore dei tuoi fallimenti.

In questo caso è necessario un lavoro che agisca sulla tua auto-efficacia e capacità organizzativa, attraverso un lavoro preventivo sui tuoi valori e sul come incarnarli:

  • cosa perseguire e cosa lasciar andare, 
  • come essere efficace ma anche e soprattutto efficiente, 
  • sapere come prendersi la responsabilità di agire secondo un piano strategico e non in base alla sola pancia o secondo un ideale edulcorato.

Molto prima (o, almeno in parallelo) di un business plan ben fatto servono quindi  il mindset, la capacità di auto-stimarsi, di analizzare gli scenari, di essere assertive con clienti, fornitori e collaboratori, di essere proattive e concretamente efficaci.

Quando l’architetta Francesca Vanni due anni fa mi ha contattata si trovava al rientro dalla sua prima gravidanza, aveva bisogno di ritrovare sicurezza in se stessa e una visione strategica della propria attività professionale.

Circa un anno fa è avvenuta l’inaugurazione del suo meraviglioso studio a St.Moritz…

Le ultime novità sono una nuova evoluzione del suo progetto che abbiamo organizzato insieme durante i 9 mesi del Mastermind Avanzato, il programma dedicato alle professioniste che hanno già svoltato con me e che desiderano portare la loro vita ad un nuovo livello di realizzazione!

Non ho mai avuto alcun dubbio che potesse farcela, ma sono felice di averla aiutata a METTERE IL TURBO per arrivare ai suoi obiettivi più velocemente e con maggior sicurezza di quanto non avrebbe potuto fare da sola.

Se sei pronta per farlo anche tu, contattami per capire come posso aiutarti!

Tra te e il tuo empowerment c’è solo una call di distanza!

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